Quando nell'aprile del 1970 i tre fratelli Brancati aprono la pizzeria Cuore Napoletano a Marano Vicentino proponevano solo nove pizze: marinara, margherita, quattro stagioni, romana, capricciosa... le classiche! Oggi la guida della pizzeria è affidata a Luca Brancati, pizzaiolo che ha completato il percorso di Università della Pizza, impegnato nel locale di famiglia dall'età di 14 anni. “Io sono cresciuto in pizzeria con mio padre. Ho imparato da mio padre. Poi, a un certo punto, si è insinuato un dubbio interiore. Che mi ha condotto a un bivio”, confessa Luca Brancati. Da sempre autodidatta scopre un nuovo mondo: la voglia di creare qualcosa di "unico", assolutamente diverso dalla concorrenza, lo spinge ad approfondire la tecnica e la manualità. Ha iniziato a lavorare con pasta madre viva, lunghe lievitazioni e alte idratazioni. “Andai a un corso tenuto da Simone Padoan all’Università del Gusto di Vicenza. E capii che io ero rimasto all’era dei Flintstone, mentre Simone viveva la sua Odissea nello spazio”. Poi, la frequenza di tutti e tre i livelli dell’Università della Pizza di Molino Quaglia, la variazione di rotta e la virata definitiva. Con il supporto della moglie Anna Salamida, sorridente direttrice di sala, e pure con il benestare di papà Enrico. Adesso nella carta del Cuore Napoletano ci sono pizze che esaltano prodotti del territorio ed eccellenze locali, presidi Slow Food e ingredienti mediterranei. Non mancano friarielli, scamorza, frigitelli, diverse varietà di pomodori campani. Il cornicione più pronunciato si ispira alla classica pizza napoletana, il lievito madre dona ancora più gusto e leggerezza. "Ogni pizza ha il suo credo, le sue farine, le sue consistenze, i suoi ingredienti, i suoi abbinamenti e il suo lievito. E io il lievito lo devo annusare. E quando a ogni rinfresco vedo che cambia, io mi sento sempre più parte di lui", spiega Luca. Cinque gli impasti in carta. Cinque interpretazioni della pizza. La fragranza esterna e la morbidezza interna, dovuta all’alta idratazione (85%), alla lunga maturazione e alla duplice cottura. Una pizza rock, servita a cubotti e preparata con Petra 1 e Petra 9, la “tuttograno” dei mugnai Quaglia. Da provare: “La Caponata”, con burrata di Putignano, lonza di maiale al forno, caponata di verdure (e albicocca essiccata) e olio alla senape. Mentre “La Siciliana” preferisce dadolata di pesce spada spadellato, julienne di zucchine e olio al timo; e “L’Agrumata” dà via libera a caprino, salmone Loch Fyne e pompelmo rosa. Più soffici, ariose e vaporose invece le pizze che vanno sotto la dicitura di “Come una nube”. “Mi sono voluto ispirare all’impasto della ciabatta”, dice Luca. Che serve le sue “nuvole” a spicchi, figlie di un impasto che prevede Petra 1, Unica (la 5037) e la Panettone. Voilà la “Intrigante”, con burrata di Putignano, polvere di barbabietola e caffè, melanzana fritta e cappero croccante di Pantelleria. Ma ecco pure “La Carbonara” con uovo marinato, guanciale crunchy, scaglie di pecorino romano e pepe nero; e “Il Porcino”, con cacioricotta del Cilento - un Presidio Slow Food -, tagliata di porcini crudi e macinata di pepe nero. E per i Petra 9 addicted? “Gambero al Lambrusco”, con gambero rosso crudo del Mediterraneo (a fine cottura, naturalmente), riduzione di balsamico al Lambrusco e bietole. Oppure, la “Ceci e Polipo”, con fiordilatte di Alberobello (del caseificio Artelat), crema di ceci, polpo scottato alla piastra e miele millefiori di alta montagna. Uno spazio contemporaneo, denso di luce: quella naturale, che viene dalle finestre, e quella umana, che viene dell'anima. "Io devo toccare con mano la terra", dice Luca. I risultati si vedono. Perché le pizze, declinate in cinque impasti, condensano passione, dedizione, determinazione e visione. Pizze che davvero valgono il viaggio.