“In passato, in tutta questa zona, si coltivava la canna da zucchero. La cosiddetta cannamela. Perché l’habitat era perfetto: un terreno argilloso, lambito dall’acqua di due fiumiciattoli, fra cui proprio il Milicia. In più, con Palermo così vicina, comunicazioni e trasporti erano avvantaggiati”. A parlare è Gioacchino Gargano: annata 1984, radici nel capoluogo siciliano, un diploma all’alberghiero di Cefalù e un presente al timone di una giovane insegna (aperta nel 2019) ad Altavilla Milicia: Saccharum, come il nome botanico della graminacea originaria dell’Asia e introdotta in Occidente dagli Arabi. “Ho voluto ribadire il saldo legame con questo territorio”, tiene a precisare. Un nesso talmente forte quello con la canna da zucchero da contaminare persino gli arredi - nei caldi toni bruniti - e la proposta culinaria. “Lo zucchero di canna è utilissimo in cucina. In abbinata a un po’ di sale, va a creare una marinatura speciale per il pesce. E sempre lo zucchero di canna attiva la fermentazione spontanea di uno dei miei impasti”, prosegue Gioacchino. Che, per il resto della sua collezione, parte sempre da un poolish. Utilizzando soprattutto le farine Petra 3 e Petra 9. Ma anche Petra 5037 (la Unica), in sinergia con Petra Evolutiva. Per dar forma a un padellino da degustazione tagliato in sei porzioni, battezzato spick&crock. Giusto a evocarne la pronunciata croccantezza. Per il resto? La pizza è tonda. “È la mia pizza. Ed esprime il mio stile. Con i suoi pregi e i suoi difetti. L’ho studiata seguendo quattro punti cardinali: una piacevole sofficità; il gusto, che deve ricordare quello del grano; la digeribilità e quel pizzico di crunch che non guasta”, continua Gargano. Che ha affinato la sua maestria grazie a una serie di corsi ad hoc da Fermentatum, la scuola di alta formazione sui lievitati fondata da Antonino D’Agostino nella nissena Vallelunga Pratameno. Sì, perché professionalmente Gioacchino nasce in cucina. “A 13 anni già lavoravo nei ristoranti. Ho fatto persino uno stage in un locale nel centro di Parigi. Ristoranti che spesso sfornavano anche la pizza. E io, che ero sempre il più piccolo, mi occupavo di tutto. Così mi sono fatto una gran bella esperienza”, confessa il pizza chef. Che nel 2009, anno di uscita del film Baarìa di Giuseppe Tornatore, apre Baariha, a Bagheria. “Un posto piccino, con pochi coperti. L’idea era quella di proporre una cucina mediterranea un po’ creativa accanto alla pizza. Ma alla fine era la pizza che andava per la maggiore. Così ho deciso di concentrare la mia creatività proprio sulla pizza”, racconta lui. Che fa un ulteriore passo in avanti. “Con le farciture andavo spedito. Ma io volevo la Ferrari. Volevo migliorare gli impasti. Volevo evolvere. Ho cominciato a studiare, a ricercare, finché ho chiamato Molino Quaglia. E da lì si è aperto un mondo. E finalmente ho trovato la mia strada”. Giustamente ambizioso Gioacchino. Che ora guida uno spazio che conta un centinaio di coperti. Alla regia della sala? La moglie Loredana. “La nostra fortuna è anche la posizione. Siamo vicinissimi all’uscita dell’autostradale e al tempo stesso abbiamo una saletta che dà su un profumato agrumeto. Con il mare all’orizzonte”. Gioacchino: che guarda vicino e guarda lontano: “I miei ingredienti vengono da tanti territori. Perché ogni luogo ha le proprie eccellenze”. Rispetta la stagionalità e rende onore alla Trinacria, con la pizza Norma… a casa mia. Preziosa di pomodoro, melanzane fritte, fiordilatte, provola delle Madonie, piacentinu ennese, ricotta di pecora, pesto di basilico e mandorle siracusane.