Classe 1992 e originario di Gravina in Puglia, Vincenzo Palermo è il giovane lievitista di Più Sud, l’insegna aperta da Lucio Ruscigno nel 2020 come bottega di prodotti meridione oriented e poi evoluta (lo scorso aprile) in un locale poliedrico e dinamico, interattivo e immersivo. Uno store di nuova generazione, quasi un museo, nel quale entrare, passeggiare, osservare, curiosare, imparare, mangiare e poi acquistare. In maniera circolare (anche grazie all’e-shop). “Il bello è che questi prodotti io li utilizzo sulla pizza e poi l’ospite li può comprare, tornando a casa con un pezzetto di Più Sud”, precisa Vincenzo, dando voce alla filiera agricola, all’arte manuale e al valore artigianale del sud d’Italia. Il che significa in primis pomodori: come i kiros (un ecotipo del San Marzano) firmati dall’azienda salernitana Pomamoris; oppure quelli della foggiana Antica Enotria. E poi il peperone crusco di Senise della Tenuta Padì; il tonno e le alici di Cetara di Armatore e di Delfino Battista; le ricercate confetture della maison catanese 3330; il salame al Montepulciano d’Abruzzo targato Fracassa; il capocollo di suino di razza casertana e il formaggio BeMù (da latte di pecora laticauda e di vacca bruna) firmato Quercete. “Per farcire la pizza in genere uso i formati più grandi di questi prodotti. Ma quando finiscono attingo da questo frigorifero a vista, che custodisce pezzature più piccole, pensate anche per stare in valigia”, puntualizza Vincenzo, confermando l’assoluta freschezza delle materie prime. Un luogo esclusivo e inclusivo Più Sud, che si fa largo nel ventre di Matera, anche grazie all’accurato progetto architettonico griffato Stefano Tardito. “È lui a seguire l’interior design di tutte le nostre strutture”, tiene a precisare mister Ruscigno. Mentre Vincenzo si dedica all’impasto. “Prima realizzo un preimpasto al 50% di idratazione con la farina Petra 5037, per poi chiudere con Petra 5063, Petra 3 e un po’ di Petra 5. Ma talvolta sostituisco una delle farine con la 0102 HP”, racconta il pizza chef. Il risultato è una pizza tonda al piatto - servita sulle alzatine, quale stimolo alla condivisione - capace di regalare un cornicione piacevole e fragrante. Mentre i topping invitano a far Rotta verso Sud. Toccando Molise (fra salsiccia e pecorino di laticauda); Abruzzo (grazie a funghi e salame al Montepuciano d’Abruzzo); Campania (in compagnia di pomodori pelati kiros, mozzarella di bufala del caseificio Cicatelli, alici di Cetara e basilico); Puglia (dalla burrata attidude); Calabria (cipolla di Tropea imperat); Sardegna (preziosa di gamberi e bottarga di muggine); Sicilia (complici pomodorini di Pachino, melanzane fritte, crema di melanzana al lime e menta) e naturalmente Basilicata, fiera di onorare peperone al forno, baccalà e peperone crusco di Senise. Della serie, un viaggio verso il Mezzogiorno più gustoso. In abbinamento? Un bianco disobbediente, figlio di uve Greco di Tufo e della rifermentazione naturale sui lieviti indigeni, come il Pinko Punk della tenuta Vincenzo Nardone (in pieno Sannio); oppure una blanche della brewery potentina Milvus. “Talvolta mi piace anche preparare delle pizze pensate ad hoc per una degustazione. Andando a pescare dai miei ricordi. Come la Sor Calogero, un twist sulla Norma con ricotta e gel di limone, a memoria di uno chef che era con me a Mosca. Oppure la Grusha, con pere e gorgonzola, sempre ricordando la Russia. E la Fabri, dedicata a Fabrizio Lusenti, lo chef del Belcanto di Dubai. Io lavoravo nella pizzeria annessa. Fu lì conobbi le farine Petra”, svela Vincenzo. Che ha già in mente due progetti: fare il pane e il panettone.